venerdì 20 agosto 2010

La giusta distanza

Non si tratta di snobismo o tendenze eremitiche... il fatto è che oggi come oggi una giusta (anche piccola) distanza è indispensabile. Distanza da che? Ma dal mondo, che diamine! Perché a forza di sguazzare nel pantano si finisce per non riuscire più ad uscire, o peggio ancora che il pantano non lo si vede neanche più e non si vuole neppure più uscirne. Perché la cosa peggiore del pantano è proprio che quando ci sei dentro fin sopra i capelli non vedi nient'altro e ti viene da pensare che non sia neppure poi così male stare immersi nel fango.
Da qui l'esigenza di un distanza. Mica oceani e catene montuose. Solo una piccola distanza da mettere fra se e il mondo, solo per avere un punto di vista un poco migliore. Solo pochi scalini per vedere le cose un poco dall'alto.
Italo Calvino diceva che esistono due modi per non soffrire l'inferno dei vivi. Il primo è accettarlo e unirsi ad esso fino a non vederlo più. Il secondo, assai più difficile perché richiede un impegno continuo, è cercare di riconoscere in mezzo all'inferno chi e cosa non è inferno e dargli spazio, farlo durare. Ecco a cosa serve, a mio avviso, la giusta distanza, a vedere chi o cosa non è inferno.

venerdì 11 giugno 2010

Sarà il silenzio

Il bello di vivere in un paese libero è che ciascuno può scegliere quanto essere informato, ed in base al proprio grado di consapevolezza maturare una propria opinione. In un paese libero una persona può accedere alle informazione o se vuole non farlo, e in base a queste informazioni può far nascere idee che sempre lui decide, delle notizie che decide di ricevere può essere compiaciuto, indignato, fregarsene... sempre lui che decide. Chiaro però che se i mezzi d'informazione non possono compiere il loro dovere in maniera completa risulta che anche il diritto d'informarsi del cittadino non è rispettato, non ha più la possibilità di farlo in maniera esaustiva e l'intero meccanismo è compromesso. Per questo la libertà di un popolo è sempre direttamente proporzionale alla libertà d'informazione.
Il ddl sulle intercettazioni che sta per essere approvato definitivamente va a limitare gravemente la libertà d'informazione. Mutila il diritto dei cittadini di sapere come stanno le cose e porterà l'Italia agli ultimi posti tra i paesi occidentali nella classifica sulla libertà d'informazione. Non è altro che l'atto di una politica che vuole nascondere la sua cattiva coscienza dietro ad un muro di silenzio e che per farlo è pronta a sacrificare un pezzo fondamentale dei nostri diritti e della nostra libertà. Ci sono parecchi episodi e scandali che hanno dato significative scosse all'opinione pubblica che non si sarebbero mai saputi se la legge fosse stata già in vigore.
Il pretesto per un tale atto ignobile è la privacy, ma è chiaro che la privacy non c'entra proprio nulla, è solo la necessità urgente di una classe politica di calare un sipario impenetrabile sulle inchieste che la coinvolgono e di mettersi al riparo da scandali e da tutto ciò che potrebbe far emergere il suo vero volto e garantirsi un futuro di impunità per continuare a fare le proprie porcate senza temere il giudizio dell'opinione pubblica.

giovedì 15 aprile 2010

Il Nobel sbagliato

Notizia non freschissima ma su cui si sta ancora discutendo: Internet candidata per il Premio Nobel della pace 2010. La proposta-provocazione è stata lanciata da Wired Italia e in poco tempo ha ottenuto moltissime approvazioni, anche di personaggi illustri. I motivi sono molteplici: la rete è un potentissimo strumento di comunicazione globale, capace di abbattere anche le distanze dettate da restrizioni politiche o militari ed in grado di veicolare senza limiti messaggi di solidarietà e civiltà.
Tutto ciò non è sbagliato, quello che è accaduto in Iran dopo le elezioni e il relativo ruolo che il web ha avuto nella diffusione di informazioni altrimenti prigioniere della censura è un ottimo esempio delle potenzialità positive di Internet, eppure io sono totalmente contrario a un nobel a Internet. Perchè? Semplice, perchè internet è uno strumento. Punto. Non è da demonizzare ma neanche da premiare, perchè uno strumento non è nè buono nè cattivo, è solo uno strumento. Prendiamo ad esempio un cacciavite, è uno atrezzo "buono" per lavorare, ma è "cattivo" se lo ficchi nella pancia di qualcuno durante una rissa: tutto dipende dalla persona che lo impugna, quella si che può essere buona o cattiva. Lo stesso vale per il web: quando usato da persone armate di buona volontà può avere, come si è già detto, utilizzi assolutamente positivi, come ad esempio quei blogger di paesi come Cuba o la Cina che usano la rete per aggirare la censura del regime. Ma Internet è accessibile a tutti, tutti possono usarla come vogliono, è una scatola che ognuno può riempire come preferisce, e da ciò derivano i suoi aspetti positivi come quelli negativi. La rete è stata e continua ad essere utilizzata per gli scopi più odiosi: veicolare messaggi d'odio e di violenza, propagandare ideologie deliranti e pericolose, diffondere falsità con esiti nefasti, incoraggiare gesti violenti e pericolosi, insidiare la privacy delle persone, dare il là ad ogni genere di esibizionismo. Gli esempi concreti sono numerosi: basti pensare che l'opera di proselitismo dei talebani passa principalmente proprio dal web, o citare la recente notizia su un cittadino modenese incensurato che organizzava la sezione italiana del Ku Klx Klan reclutando adepti su internet. Potrei continuare, citando magari qualcuno dei numerosi atti di violenza o vandalismo giustificati con il "volevamo mettere il filmato su Youtube", oppure la divulgazione a livello globale di notizie false e pericolose, o i furti di identità sui social network, le chat con gli sconosciuti, la diffusione di materiale pedopornografico, le truffe... potrei andare avanti.
Ecco perchè sono contrario al Nobel per la pace a Internet, non perchè ho qualcosa contro il web, ma perchè, come bisognerebbe sempre fare col progresso, bisogna saperlo guardare con obbiettività sopratutto nei suoi aspetti negativi, senza idealizzarlo. Dare il premio Nobel a Internet vorebbe dire proprio idealizzarla, ignorando tutti quegli aspetti che non devono essere trascurati, anzi dovrebbero avere la maggiore attenzione. Sarebbe un grosso errore.

domenica 7 febbraio 2010

Ci salverà la lettura


Stando a tivù e giornali viviamo nel "paese delle emergenze": emergenza economica, emergenza maltempo, emergenza criminalità, emergenza maltempo... ecc. Se non ci sono abbastanza emergenze in giro ce le si inventa pure, come la famigerata influenza suina e ancora prima la temibile aviaria. Solo per la Cultura non c'è nessuna emergenza... e non certo perchè essa navighi in buone acque, certo che no, è solo che la scomparsa della Cultura non desta nessun allarme. La Cultura affonda silenziosamente nell'indifferenza, e a nessuno importa un accidente.

Diamo qualche dato: nell'ultimo anno in italia, appena il 50 per cento della popolazione ha letto un libro (sottolineo uno solo), mentre quelli che ne hanno letti più di dieci non supera il 7 per cento. Tutto questo mentre programmi televisivi beceri e di infimo gusto come Grande Fratelli et simila continuano a tenere milioni di persone incollati allo schermo e altre (o forse le stesse) millioni di persone (sopratutto ggiovani e adulti che vogliono far vedere quanto in realtà sono ggiovani) passano ore e ore attaccate a fasbùk a simulare l'amicizia.

Perchè ci sarebbe da allarmarsi per la pietosa situazione in cui la Cultura versa? Perchè se la gente non legge dovrebbe essere un problema? In realtà il problema c'è eccome. Perchè la Cultura non è solo il balocco di chi gli piace giocare all'intelletuale, la Cultura è ciò da il valore ad una società. Se essa perde importanza fino a scomparire quella verso cui andiamo è una società vuota, mediocre, volgare.

Ci salverà la lettura perchè è l'unica cosa che ci può dare gli strumenti per uscire dal pantano dove la nostra civiltà sta sprofondando. I libri ci danno la preziosa possibilità di pensare con la nostra testa, di impedire che una società deviata lo faccia per noi. Facendoci una cultura possiamo distinguerci, di uscire dalla grigia massa di cervelli lobotomizzati. Ci salverà la letturà perchè i libri sono l'unico valido antidoto alle brutture che la società ci proprone come idoli. Certo, prima di tutto ci vorebbe la volontà di essere salvati.

sabato 28 novembre 2009

Gli indifferenti

E', facile, ahimè, alla fine l'indifferenza è sempre la scelta più facile, o per lo meno la più indolore per chi la applica. In fondo è un sistema di autodifesa. C'è troppa sofferenza nel mondo, troppo male, non si può guardarlo in faccia, non si può presatare attenzione ad ogni dolore altrui, altrimenti si rischia di sprofondare.
E' facile, dicevo, evitare questo, basta seppellire tutto sotto qualche buon metro di indifferenza. Tapparsi le orecchie o al limite far finta di non aver sentito. Le notizie al telegiornale parlano di guerre, di morte, di ingiustizie, sono solo un fastidioso sottofondo quando si vorebbe pensare ad altro, è semplice ignorarle, tanto sono cose lontane, non ci riguardano, perchè prestargli attenzione?
Non è difficile, voltarsi dall'altra parte, coprirsi gli occhi quando è necessario, scacciare ogni compatimento... no non è affatto difficile ed è alla fine la scelta che facciamo quasi tutti. Più difficile è ascoltare davvero, difficile e doloroso, forse anche inutile... eppure vale la pena di farlo. Perché forse continuerà ad esserci il male, ma finchè ci sarà anche l'indifferenza questo ne uscirà vincitore.

martedì 13 ottobre 2009

Liberi?

"Vi sono dehli specialisti che studiano sistematicamente le nostre debolezze e vergogne nell'intento di influenzare più efficacemente il nostro comportamento". Così scriveva nel 1957 il giornalista americano Vance Packard, mettendo in guardia dalla "scienza della manipolazione di massa" che stava prendendo piedi in quegli anni, ovvero un insieme do tecniche psicologiche volte a condizionare comportamenti, opinioni e gusti di tutti noi. Oggi, a più di cinquant'anni dalle inquietanti "profezie di Packard" potremmo tirare un sospiro di sollievo e dire che i suoi timori erano infondati e magari un po' paranoici, che non è mai nata una classe di "manipolatori occulti" che guida le masse, ma ne siamo proprio sicuri? La domanda da porci è: siamo sul serio liberi o su di noi agisce un potere subdolo e invisibile?
Pensiamo alla pubblicità (la più immediata applicazione della scienza della manipolazione di massa) e di come essa, senza neanche rendersi conto, riesca a influenzarci e a spingerci verso certe scelte. Ma questa inquietante realtà non si limita alla semplice influenza nella scelta di un prodotto, va ben più in profondità, va a toccare il nostro stesso modo di pensare. Pensiamo alla mentalità imperante del cosumismo, alla logica del "avere più importante dell'essere", ai simboli di "status", alle mode, sono tutti prodotti di una serie di sottili messaggi che giungono da più parti e in particolar modo dalla televisione, da sempre il mezzo preferito di chi vuol far passare inconsciamente certi messaggi.
Fin dall'infanzia ci vengono quotidianamente propinati messaggi, più o meno palesi, che ci educano ad essere ciò che la società vuole che siamo, ovvero dei consumatori, prima clienti che esseri umani. La strategia sta tutta nel far nascere dei bisogni, o meglio, riuscire a fare apparire il ciò che è di fatto superfluo e inutile come necessario. Siamo talmente talmente asuefatti a questo tipo di influenza che non ci accorgiamo nemmeno di quanto sono superficiali questi "bisogni indotti". Ed è esattamente quello che vogliono da noi: il culto del superfluo, la vittoria dell'apparire sull'essere.
Quello che mi chiedo io è: ma finchè qualcuno fa qualcosa solo per seguire una moda può definirsi libero?

mercoledì 23 settembre 2009

Quando si dice "dialogo"


Ci sono, ahimè, parole di per sè nobili e apprezabili, che vengono ripetute e abusate così tanto spesso e in così tanti contesti che finiscono col perdere ogni significato concreto e alla fine non gli rimane più nessun senso apparte una vaga idea di bontà. Una di queste parole è "dialogo", termine che in genere viene utilizzato più che altro per mostrare quanto si è disponibili e diplomatici, che si vuol far prevalere le proprie idee con le sole parole. Ma la vera essenza del dialogo (e questo purtroppo non è compreso dai più che fanno sfoggio di questa parola) non è il parlare, ma l'ascoltare, cosa che di questi tempi ben pochi sanno fare, tutti preoccupati come sono a far prevalere la propria voce in un mondo fatto di bocche che si uralano addosso ma di ben poche orecchie disposte ad ascolatre. Non si capisce che il vero scopo di un dialogo non è persuadere gli altri delle proprie convinzioni, ma la comprensione reciproca: capire cosa vuole dire l'altro e far capire all'altro cosa vuoi dire tu, senza la pretesa da parte di entrambi di voler affermare la propria opinione come unica valida. Può darsi che nessuno cambi idea, ma il fatto che ognuno possa comprendere le motivazioni dell'altro è già un grandissimo progresso. Ecco quello che dovremmo fare: sforzarci meno a dimostrare che le nostre idee siano le uniche legittime e sforzarci di più a capire ad ascoltare e capire le idee di tutti. Altrimenti quello che ci rimane è un sistema dove tutti parlano inutilmente perchè tanto si ascolta solo quel che si vuol sentire.