martedì 30 dicembre 2008

Notte infinita

Salve a tutti. Uno dei per il quale aprii questo Blog era anche quello di far leggere i miei racconti. Ebbene si, uno dei miei passatempi preferiti è quello di scrivere racconti brevi. Questo si intitola "Notte infinita", uno di quei racconti che si presta a diverse interpretazioni. Leggetelo se avete tempo, poi mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, spero che vi piaccia.
***
Era sempre la notte. Sempre.
Il sole non c'era più, era scomparso. Un giorno era sceso dietro l'orizzonte e non era più risalito.
Il cielo era nero, fatto di un'oscurità profonda e uniforme che incombeva sulle teste di tutti, rotta giusto da qualche stella e dal volto cadaverico della luna.
Mi ricordavo ancora di quando esisteva il giorno ed ogni mattina il sole faceva capolino riempendo di luce e calore ovunque i suoi raggi arrivassero. Quei momenti li ricordavo con una nostalgia struggente e una amarezza profonda.
Ero appena un ragazzo quando accadde, non avevo più di dodici o tredici anni: un mattino il sole semplicemente non era sorto, né quello dopo, né mai più.
Quei giorni rimasero impressi nella memoria di tutti. Ovunque c'era una gran confusione che a tratti si mischiava con il panico e a tratti con la curiosità per il fenomeno inspiegabile. Furono in molti coloro che tentarono di trovare una spiegazione, un motivo, una giustificazione per ciò che era accaduto, ma apparve presto chiaro che non ne esistevano o per lo meno erano impossibili da trovare e logicamente se era impossibile trovare una causa era impossibile trovare una soluzione.
Così si applico quel principio, ben radicato nella mente umana, che quando un problema non si può risolvere, oppure è troppo difficile farlo, non ce ne si preoccupa.
L'ansia che la situazione prevedibilmente procurava pian piano svanì e la gente, in fondo non aveva altra scelta, prese atto del cambiamento e incominciò ad adattarsi alla nuova condizione.
All'inizio si tentò di rendere il cambiamento meno radicale possibile e si iniziò a fare un largo uso della luce elettrica. Ciò garantiva luminosità e permetteva di evitare una vita di perpetuo buio. Ma c'era qualcosa di triste e terribilmente malinconico nella luce elettrica: ora che era diventata l'unica fonte luminosa disponibile appariva inadeguata, non soddisfacente, null'altro che una imitazione scadente della luce solare che ricordava ma senza esserne minimamente all'altezza.
Comunque neppure la luce elettrica durò ancora a lungo, era impossibile produrre abbastanza energia per illuminare il mondo intero ventiquattr'ore su ventiquattro, così venne prima razionata e infine abolita.
Si rese il passaggio il più graduale possibile, le ore giornaliere in cui era possibile tenere la luce accesa furono tolte poco per volta, una in meno ogni due o tre mesi.
Così, senza neanche accorgersi, quando la luce elettrica fu tolta del tutto ormai la gente si era abituata a vivere nel buio.
Non si viveva più come prima, certo, ma si viveva.
Gli occhi delle persone si adattarono a vedere anche nelle tenebre più fitte, non come se fossero illuminate, ovvio, ma abbastanza bene per evitare di andare a sbattere ogni tre passi o di non riuscire a compiere la maggior parte delle attività normali.
Però per una cosa non c'era niente da fare: la nostalgia. Non si poteva fare nulla contro quella, né ad essa ci si sarebbe mai abituati. Non si poteva dimenticare o non rimpiangere quando al mattino ci si svegliava con il sole, quando la luce arrivava ovunque e si alzava la testa ammiccando all'azzurro intenso del cielo. Quando tutto, grazie alla luce, era ben netto e distinto, e non confuso e ambiguo in una onnipresente tenebra.
Quelli erano ricordi che si rievocavano con tristezza che sfiorava il dolore, perché si sapeva che difficilmente quei tempi sarebbero tornati.
C'era però anche chi aveva trovato il modo di evitare la nostalgia, persone che avevano deciso di cancellare dalla memoria quei giorni, fare come se non ci fossero mai stati e che il buio perpetuo fosse la condizione più naturale e adatta a vivere per l'uomo.
Questo gruppo di persone, che col tempo divennero una maggioranza, svilupparono un adattamento all'oscurità straordinario. Mentre a tutti gli altri capitava ancora ogni tanto di inciampare nei gradini o succedeva a volte di non riconoscere luoghi o persone questi nel buio erano totalmente a loro agio, questo perché avevano imparato a vedere la tenebra come la condizione ideale e, anzi, l'unica accettabile, tanto che iniziarono a guardare con aria di sufficienza quelli che ancora rimpiangevano i vecchi tempi.
Ma nonostante tutto per chi lo desiderava c'erano ancora occasioni di poter vedere un po' di luce, sebbene piuttosto rare. Ogni tanto, infatti, c'era chi accendeva dei fuochi per strada, falò di dimensioni contenute ma che bastavano ad illuminare buoni spazi e intorno ai quali si radunavano diverse persone.
Quando qualcuno di quelli che preferivano il buio e accettavano esclusivamente quello incrociava questi fuochi se ne andava in gran fretta coprendosi con le mani gli occhi feriti dalla luce che ormai aborriva.
Ma noi altri no. Il cuore ci si riempiva di gioia quando vedevamo quelle fiamme, e subito ci andavamo a sedere tutti intorno.
Quelli erano momenti bellissimi. Eravamo tutti lì. intorno al fuoco, sentivamo quel calore che ci lambiva dolcemente, davanti a noi si apriva una vista piena di colori quasi dimenticati. Nessuno parlava in quelle occasioni, eravamo tutti troppo presi dal goderci la luce. Tuttavia, pur senza scambiarci una sola parola, in quei momenti ci sentivamo tutti legati, un tipo di legame che difficilmente si trovava altrove.
Tutti gli altri, i sostenitori del buio, passando, prima di andarsene rapidamente, facevano tempo a lanciarci sguardi carichi di disprezzo, scuotevano la testa con aria di infinita superiorità, a volte ci urlavano perfino dietro: <>, ma noi non rispondevamo mai.
Poi pian piano il fuoco si spegneva. Con un po' di amarezza ci rialzavamo in silenzio e ognuno tornava alle proprie occupazioni. Poi, mentre ciascuno già se ne andava per la sua strada, guardavamo il cielo nero e ci immaginavamo il giorno in cui il sole sarebbe rispuntato all'orizzonte: era una speranza del tutto irrazionale, tuttavia noi ci credevamo...
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Approfito del post anche per dire che il Blog (come me) va in vacanza per una settimana.
So long...

domenica 28 dicembre 2008

Questione di prospettiva...

E' quasi sempre una questione di prospettiva. Non importa quale sia il problema o la questione, sicuramente potrà essere guardato da chissà quante prospettive.
E ad ogni prospettiva corrispone una particolare considerazione, una particolare risposta, una particolare scelta od opinione.
E' quasi sempre una questione di prospettiva perchè qualunque cosa può essere guardata in prospettive diverse, ed apparentemente se guardiamo qualcosa attraverso un'altra prospettiva quella cosa ci apparirà uguale, ma basterà osservare un po' meglio per accorgerci che in realtà non è proprio così: vedremo particolari che prima non notavamo, altri saranno scomparsi, altri si saranno fatti più o meno evidenti.
La cosa che guardavamo e guardiamo in realtà non cambia, ma cambia come la guardiamo, quindi cambia il modo di come la intederemo e come ci poneremo di fronte ad essa.
Ecco, è questo che volevo dire, ma prima lasciatemi aggiungere una cosa: è vero ci sono moltissime prospettive per considerare qualcosa, ma secondo me per ogni cosa c'è una sola prospettiva veramente vera, veramente esatta dalla quale le altre derivano. Ecco, non fermatevi mai alla prima che vedete, ma cercate questa...

mercoledì 24 dicembre 2008

Natale, natale, natale...

Che bel periodo quello di Natale... non credo che ci sia nient'altro come questa festa. Nulla come il natale riesce a coinvolgere tutti. E anche se non proprio tutti sono "più buoni" se ormai il modello imposto del natale ha una impronta pesantemente consumistica... natale rimane comunque natale.
Non è un giorno come gli altri, non è una festa come le altre... forse è perchè sono rimasto ancora un po' bambino, ma per me Natale è una faccenda maledettamente seria.
Ma non siamo noi che viviamo al meglio il Natale, no, sono loro, i bambini. Che bei ricordi! Ritornerei bambino solo per questi momenti, il periodo che precede il natale, l'attesa, lo svegliarsi al mattino e trovare i regali che Babbo Natale o Gesù bambino aveva portato. Che bei momenti!
Vi auguro di passare un buon Natale, che lo trascoriate con le persone più care e che passiate momenti di serenità che vi serviranno per tutto l'anno nuovo.
BUON NATALE

sabato 20 dicembre 2008

A portata di mano

A volte sembra che la saggezza sia a portata di mano. Inconsciamente diamo per scontato che l'idea di vera giustizia sia accanto a noi e per afferarla basta tendere la mano.
In realtà non è così. Infatti appena cerchiamo di afferare questa sagezza essa ci sfugge, scappa, oppure ne afferiamo una fasulla, che prima ci sembrava esatta e infallibile ma ora che la teniamo in mano appare incompleta, vuota, senza alcun valore.
In realtà la saggezza, la giustizia, non sono per niente a portata di mano, sono molto lontane, ma ciò non significa che non si possano trovare. Si può... ma non è facile...

mercoledì 17 dicembre 2008

Non Bastano le scarpe per essere eroi...



Tra tante notizie per le quali c'è ben poco da ridere finalmente eccone una simpatica. E' inutile spiegare di cosa si tratta visto che sicuramente lo sapete già, se non lo sapete basta farsi un giro su You Tube scrivendo "Bush shoes" e i filmati che troverete non saranno certo pochi.

Io ora non voglio certo difendere Bush, che di scarpate in faccia se ne meriterebbe tante, quanto criticare i sentimenti che la notizia ha isporato nel mondo. Sono già in molti a proclamare eroe Muntathar al Zaidi (il giornalista iracheno che ha compiuto il gesto), sono moltissimi quelli che lo sostengono, sun faceboook sono nati diversi gruppi in suo onore che contanto migliaia di iscritti, la scarpa è diventata simbolo di protesta in numerose proteste anche qui in Italia.

Ma come è possibile che qualcuno come Muntathar può essere eletto a eroe. Un uomo che guidato dall'odio lancia le proprie scarpe per far male al suo "nemico". Costui può essere davvero chiamato eroe? No, certo che no, un gesto del genere diverte certo, ma non può essere visto come gesto eroico, perchè di eroico non ha proprio nulla.

Ricordiamo poi che l'uomo era un giornalista, un giornalista dovrebbe usare armi diverse per danneggiare un personaggio come Bush, ma ha preferito usare un metodo più diretto. Ma vedendo queste immagini si capisce che Muntathar al Zaidi non era guidato da nessun ideale quanto dall'odio puro e semplice. Non è così che si combatte per la giustizia. E poi a guardare quelle immagini viene di provare più simpatia per Bush costretto a schivare i lanci che lo colgono di sorpresa, e Bush non se lo merita di certo.

Ora vediamo come questa storia finirà (non si sa ancora dove è finito Muntathar dopo il famigerato e relativo placcaggio della security) ma una cosa è meglio ricordarla, non bastano di certo due lanci di scarpe per essere eroi.



mercoledì 10 dicembre 2008

K generation

La K è diventata un po' il simbolo della mia generazione (quella compresa fra i 12 e i 20 anni tanto per intenderci), la K di quelle orribili storpiature e abbreviazioni tipiche del linguaggio da sms. Perchè questa è proprio la generazione degli sms, di internet, di facebook...
Una generazione che ha degli aspetti inquietanti... e lo dico da appartente stesso e dunque conoscendola molto bene.
Il più grande problema dei giovani d'oggi è una superficialità che ha del disarmante. L'interiorità, la riflessione è messa totalmente a parte a favore di una esaltazione dell'apparenza.
Nella K generation non importa se sei una brava o cattiva persona, importa se sei "figo". L'essere non interessa a nessuno, interessa l'avere e l'apparire.
A questo si aggiunge un egocentrismo, una costante esaltazione di se stessi, un esibizionismo incontrollato
Ma in fondo i difetti della mia generazione non sono altro che il naturale prodotto di una società consumista fino al midollo. Siamo da sempre abbituati a essere bombardati da messaggi che affermano l'importanza assoluta dell'avere e dell'apparire.
In fondo, e questo è sempre stato così, i giovani sono coloro che rapresentano meglio la società in cui vivono.

venerdì 5 dicembre 2008

Narrare...

La narrazione... una delle più grandi invenzioni dell'uomo. Si, perchè narrare è davvero una invenzione straodniaria che dal giorno in cui nacque ha aperto le porte di un mondo, anzi di migliaia di mondi che dopo millenni continuiamo a esplorare.
Nel corso della storia la narrazione ha assunto moltissime forme. Dai cantastorie ai romanzi moderni, dai poemi omerici ai film di hollywood, passando per i fumetti e le favole, è sempre la stessa cosa, solo espressa in maniera differente.
Ha anche avuto scopi e funzioni differenti, la narrazione è stata usata per scopi intrattenitivi, eudcativi, per trasmettere riflessioni e pensieri.
Ma soprattutto, il narrare è sempre stato alimentato da una forza inesauribile, la fantasia. E' la fantasia che crea e mantiene viva la narrazione. Finchè esisterà la fanatasia esisterà anche questo bene prezziosissimo e irrinunciabile.

domenica 30 novembre 2008

Mai schierarsi

Un po' invidio e un po' mi fanno pena quelle persone che riescono ad identificarsi totalmente in uno schieramento politico. Persone che non hanno mai dubbi su chi sostenere e chi criticare, mai dubbi su che cosa bisogna essere d'accordo e su cos'altro bisogna essere contro. Persone pronte a giustificare ogni difetto del proprio schieramento con la scusa "gli altri sono peggio".
Gli invidio proprio perchè non hanno mai dubbi, su ogni tema non devono stare a pensare quale sia la posizione più giusta da prendere, basterà seguire cosa dicono gli altri.
Mi fanno pena perchè schierarsi è la peggiore cosa che si può fare se si vuole avere una idea oggetiva su qualsiasi tema.
Io non seguo nessuna ideologia politica, non sostengo nessuno schieramento politico, critico i difetti e gli errori di entrambe le parti e quando vedo qualcosa che ritengo giusto lo dico, non importa chi è stato a farla.
Lo schierarsi vuol dire accettare come giusto a prescindere ciò che il partito/schieramento/ideologia dice, questo uccide ogni possibile discussione o riflessione su qualunque tema in cui è inserita la politica, ma sopratutto uccide una visione oggettiva (e dalla quale dunque noi possiamo trarre le nostre conclusioni) di questi temi.
Ne sono convinto, se ci tenete a pensare con la vostra testa meglio mai schierarsi...

mercoledì 26 novembre 2008

Il potere dell'inchiostro

"Con l'inchiostro, una mano può innalzare un furfante ed abbassare un galantuomo"
Dalle parole di questo proverbio sembra quasi che l'inchiostro abbia un potere inquietante e misterioso. La mano che tine l'inchiostro può addirittura arrivare a modificare la realtà, o meglio può creare una propria realtà, una realtà propria che esce dai fiumi di inchiostro, un realtà che a differenza di quelle che si creano con la porpria mente, rimane: rimane fissa, immutabile, stamapata su un foglio, ed altri possono affacciarsi su di essa.
Questo è il potere dell'inchiostro, dai suoi fiumi neri può nascere di tutto, universi, verità bugie, idee, opinioni, ecc.
Chi possiede l'inchiostro e sa come usarlo può davvero fare di tutto, può creare, può convincere, può modificare...