sabato 4 aprile 2009

Cercandoparole


Mi sono accorto che era da un po' che non postavo più un mio racconto. Ho dunque deciso di pubblicare questo che segue scritto recentemente per il "Cercoparole", concorso che le Edizioni Mercurio propongono ogni anno alle scuole superiori piemontesi. Se volete saperne di più e leggere i racconti di altri partecipanti andate potete andare a vedere Qui.

Specifico che nel regolamento del concorso era obbligatorio: A) Usare determinati incipit, B) Rimanere nello spazio (strettissimo) di soli 5.000 caratteri... quindi siate clementi...
Buona lettura:




Quattro mura


Il rubinetto gocciolava: è stata questa la prima, molesta sensazione che ho sentito svegliandomi stamattina. Già tra le nebbie dei miei sogni inquieti che si stavano diradando pian piano ho sentito emergere quel suono regolare e incessante che ha continuato poi a perseguitarmi per tutta la giornata scavando nei miei nervi già logori. Anche ora lo sento, ora che ho deciso di affidare i miei pensieri a queste pagine bianche, sia per passare il tempo, sia per cercare di scaricare la mia inquietudine: come se le linee di inchiostro che sto tracciando su questo foglio potessero contenere tutta, o almeno una parte, della mia angoscia liberandomene. Ma non serve a nulla, forse perché questa mia ansia è troppa e troppo radicata nel profondo e qualche parola messa sulla carta non basta certo a dissiparla. Tuttavia continuo a rimanere qui a scrivere, se non altro per evitare di tornare a concentrarmi sul gocciolare del rubinetto, perché su qualcosa mi devo comunque concentrare, altrimenti si che sarei preda delle mie inquietudini. Per me le quattro mura di questo appartamento sono come quelle di una prigione... anzi: molto peggio di una prigione! In prigione avvertirei certamente la noia dei giorni sempre uguali, forse la tristezza di una condizione tanto misera, ma di certo non questo senso opprimente d'attesa perenne. Attimi che trascorrono carichi di apprensioni e paure e di speranze talmente labili che non oso formulare perché equivarrebbe a esprimere desideri che hanno troppa poche possibilità di avverarsi. Secondi, minuti e ore dominati da una incertezza insostenibile, come se mi trovassi vicino ad un baratro ma senza sapere di quanto. Là fuori c'è qualcuno che mi cerca. Lo so. Gente pericolosa. Lo so troppo bene. Per questo non posso uscire. Sono costretto a rimanere fra queste quattro, opprimenti mura. Potrebbero avere già trovato gli altri, ovunque essi si trovano, ed essere già sulle mie tracce, chi può dirlo? E' questa la cosa peggiore di questa attesa: il non sapere. E' sempre meglio conoscere la realtà, anche se potrebbe non piacerci, piuttosto che rimanere a rodersi nel dubbio. Ma in questo momento io non ho altro che il dubbio. Non ho nient'altro che quello e non posso evitare che esso sia una presenza fissa e irrinunciabile nella mia mente. Non posso fare a meno di continuare a giocare con la mia incertezza, considerando e immaginando tutte le possibilità. Tra le eventualità che mi si aprono davanti ci sono futuri senza speranza, ma anche alcune, flebili, speranze: forse gli altri si sono salvati e sono riusciti a scongiurare il pericolo e stanno venendo a prendermi per dirmi che è tutto passato. Forse. Ho solo il dubbio. Solo il dubbio. Solo quando qualcuno busserà a questa porta e io andrò ad aprire potrò sapere. Per ora è solo un senso di incertezza a dominare questa attesa infinita, riempita da angoscie ed ansie che difficilmente posso combattere, scandita in ogni suo secondo dal gocciolare del rubinetto.

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